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analisi della letteratura in merito alla comunicazione facilitata
(cenciarelli i., mona a., 1999)


autismo: è legato alla carenza di un enzima? - abstract
(cohen e., 1997)


autismo e linguaggio
(atzori g., 2003)


autismo ed epilessia
(a cura del prof. curatolo p., 1999)


dimetilglicina, un metabolite non tossico e l'autismo
(rimland b., 1996)


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(cenciarelli i., 1999)


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(fracer l., 2000)


il profilo cognitivo delle persone autistiche
(mona a., 1999)


l'autismo: nuovi esami per trovarne le cause e migliorarne la prognosi
(hanau c., tratto dal sito 'autismo triveneto', 1999)


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(guazzo g. m., aliperta d., cozzolino g., fabrizio c., liotta d., trinchese i., pervenuto alla bma il 12-11-2000)


l'uso di diete senza glutine e caseina con persone con autismo
(autism research unit, 1999)


la comunicazione facilitata in ambito giudiziario
(cenciarelli i., mona a., 1999)


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(d'amore s., onnis l., 1998)


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(edelson s. m.)


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(O. I. Lovaas, J. J. McEachin, T. Smith, 1993)


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secretina, aggiornamento di dicembre 1999: la questione della sicurezza
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(rimland b., 1999)


sistema immunitario e autismo: alcune considerazioni
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teoria della mente e autismo
(atzori g., 2003)


trattamento comportamentale ed educazione normale e funzionamento intellettivo nei bambini autistici
(lovaas o. i., 1987)


un trattamento omeopatico per l'autismo
(micozzi a., benassi f., 2002)

 

 

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AUTISMO E LINGUAGGIO

Atzori G., 2003
elaborazione dalla tesi di laurea intitolata:
La Pragmatica della Comunicazione: i deficit nell'Autismo e nel Trauma Cranico

 

sommario

- acquisizione del linguaggio nell'autismo
- linguaggio ecolalico
- linguaggio metaforico
- l'inversione dei pronomi
- bibliografia

 

 

Acquisizione del linguaggio nell'autismo
[sommario]

L'acquisizione del linguaggio avviene per tappe e normalmente entro il primo anno, un bambino esprime alcune parole, si volta quando viene chiamato, indica quando vuole un giocattolo, e, quando gli è offerto qualcosa che non gli piace, mostra chiaramente che la sua risposta è no. All'età di due anni, molti bambini iniziano a mettere insieme brevi frasi e sono capaci di seguire indicazioni semplici.

Nei bambini autistici invece si evidenziano delle anomalie in questo processo, circa la metà di essi rimane muta per tutta la vita, alcuni che mostrano segni di autismo in un periodo successivo a quello della nascita emettono suoni e lallano durante i primi sei mesi di vita, ma smettono ben presto e possono non parlare mai, sebbene possano riuscire a comunicare usando il linguaggio dei segni, o usando apparecchi elettronici speciali; altri possono essere in ritardo, sviluppando il linguaggio fra i 5 e gli 8 anni. Quelli che parlano, usano spesso il linguaggio in modo inusuale, alcuni paiono incapaci di combinare le parole in frasi che abbiano significato compiuto, altri producono solo parole singole, altri ripetono la stessa frase, indipendentemente dalla situazione, facendo sorgere dei dubbi sulla loro capacità di comprensione.

L'espressione del linguaggio, nello spettro autistico, ha forme diverse: dal completo mutismo alla fluente verbalità, sebbene quest'ultima sia accompagnata spesso da molti errori semantici e pragmatico-verbali. I bambini autistici che utilizzano il linguaggio verbale, hanno quasi sempre deficit di comprensione, in particolare nel capire le domande più complesse e sono quasi sempre presenti anche deficit nella pragmatica, ossia nell'uso del linguaggio per una comunicazione efficace.

Alcuni bambini autistici non rispondono ai loro nomi quando vengono chiamati dai genitori o dalle altre persone che si prendono cura di loro, e da piccoli, frequentemente, si pensa erroneamente abbiano severi deficit di udito, questa sindrome è chiamata agnosia uditiva verbale ed è simile allo strutturarsi della sordità acquisita per le parole adulta, ma mentre gli adulti con sordità acquisita per le parole, rimangono fluenti nel parlare perché il loro linguaggio è già stato acquisito, i bambini con autismo sono usualmente muti.

Alcuni bambini autistici, nella prima infanzia, non lallano o non usano altre vocalizzazioni comunicative, sono descritti come bambini molto quieti; quando la comunicazione orale dovrebbe essere sviluppata, non hanno assolutamente alcun linguaggio verbale e non sono in grado neanche di compensare ciò con gesti o espressioni facciali.

Un bambino piccolo con sviluppo normale, tira la propria madre verso un oggetto desiderato, poi indica chiaramente l'oggetto guardando la madre in faccia; all'opposto, un comportamento tipico di molti bambini autistici è l'usare meccanicamente la mano di un'altra persona per indicare l'oggetto desiderato, comportamento spesso chiamato "indicazione della mano sopra la mano". Alcuni bambini tirano addirittura il braccio di qualcun altro verso l'oggetto desiderato, fuori dalla loro portata, senza nessuna indicazione, nessun gesto o vocalizzazione comunicativa. Altri bambini "indipendenti" non hanno pretese e non esprimono richieste ai loro genitori, imparando piuttosto a superare precocemente le difficoltà e ad acquisire l'oggetto desiderato da soli.

Il tratto specifico dei bambini autistici verbalmente fluenti invece, è la loro inabilità ad iniziare o a sostenere una conversazione su un argomento di reciproco interesse, nonostante siano capaci di rispondere relativamente bene, di formulare una miriade di domande, di parlare ad un'altra persona in un monologo o in un soliloquio sul loro argomento preferito.

Il ritardo nell'acquisizione del linguaggio può essere interpretato come la conseguenza di un disturbo della comunicazione, piuttosto che come la conseguenza di un problema linguistico specifico, se no non si potrebbero spiegare alcuni aspetti del linguaggio presenti nelle persone autistiche che hanno una buona competenza grammaticale, come l'ecolalia, il linguaggio metaforico e l'inversione dei pronomi "io" e "tu".

 

 

Linguaggio ecolalico
[sommario]

Una caratteristica comune nella maggior parte dei bambini autistici è l'ecolalia, che si manifesta nel momento in cui si ripete a pappagallo ciò che si sente, e, senza un'istruzione adeguata, ripetere come un'eco le frasi delle altre persone, può essere l'unico linguaggio che potranno mai acquisire; ciò che viene ripetuto può essere una domanda che era appena stata formulata o una pubblicità televisiva, oppure, in maniera del tutto inaspettata, un bambino può urlare qualcosa che aveva sentito dire da suo padre alcune settimane prima. E' molto importante tener presente che l'ecolalia immediata è un aspetto cruciale dello sviluppo del linguaggio normale in bambini con meno di due anni, essa diventa patologica quando è ancora presente come il solo e predominante linguaggio espressivo dopo i 24 mesi circa, ma è spesso presente nei bambini autistici, per tutta la durata dell'età prescolastica e scolastica; è dunque importante differenziare il linguaggio consistente in modo predominante nell'ecolalia immediata dalla normale fase di ecolalia immediata che nei bambini piccoli con sviluppo normale evolve rapidamente verso la costruzione spontanea della frase-linguaggio.

L'ecolalia può essere immediata o differita. L'ecolalia immediata si riferisce alla ripetizione immediata di parole o frasi dette da un altro; i bambini ripetono semplicemente ed esattamente quello che hanno udito senza formulare un loro proprio linguaggio. L'ecolalia differita invece, si riferisce all'uso di frasi ritualizzate che sono state memorizzate (es. da video, televisione, pubblicità o conversazioni più volte ascoltate)

Ancora oggi non sappiamo perché i bambini autistici utilizzano questo tipo di linguaggio; molte ricerche si sono concentrate sull'analisi di questa caratteristica del linguaggio autistico per capire a quale scopo comunicativo potrebbe servire, da queste ricerche è emerso che talvolta viene utilizzato per richiedere delle ulteriori spiegazioni quando non capiscono ciò che viene detto loro, ma non si può escludere che in numerosi casi si tratti di un comportamento stereotipato privo di scopi comunicativi.

L'ecolalia da una dimostrazione di come il prodotto di una raffinata elaborazione dell'informazione vada perso se non diventa parte di un significato globale. Il problema fondamentale è la differenza tra la completa comprensione del linguaggio e la semplice capacità di ricezione e trasmissione di un messaggio; sembra quasi che i bambini autistici inviano e ricevono messaggi in modo corretto ma non cercano la ragione per la quale il messaggio è prodotto, escludendo totalmente gli aspetti intenzionali più profondi della comunicazione.

 

 

Linguaggio metaforico
[sommario]

Un'altra modalità particolare di usare il linguaggio presente nei bambini autistici è stata identificata da Kanner come "linguaggio metaforico" anche se il termine forse non è appropriato e potrebbe essere sostituito con quello di "espressioni idiosincratiche".

Con tale termine ci si riferisce alla difficoltà a collocare ciò che viene detto all'interno di un contesto più ampio, del quale fanno parte per esempio le conoscenze condivise, necessarie per capire il senso dei discorsi che porta a una incapacità di valutare la comprensione di chi ascolta. L'informazione trasmessa, quindi, resta isolata rispetto all'insieme globale e coerente (Schopler, Mesibov e Kunce, 2001)

Infatti solitamente chi parla modula il discorso partendo dalle conoscenze che crede possa avere il destinatario, dando maggiori spiegazioni e dettagli nel momento in cui si renda conto che in loro assenza il discorso perderebbe significato o potrebbe essere frainteso; mentre, per quanto riguarda l'ascoltatore, la tendenza è quella di attribuire il significato delle frasi in base al contesto nelle quali vengono usate tralasciandone il significato letterale

L'effetto dell'alterazione di questa capacità può portare a continue distorsioni comunicative: ad esempio, se ci si trova a tavola e la persona che sta pranzando con noi ci chiede -Potresti passarmi il sale?- , noi senza riflettere troppo siamo portati a passarle il sale, mentre una persona autistica potrebbe semplicemente rispondere -Si-, dando una traduzione letterale alla domanda, quindi focalizzandosi sul fatto di "poterlo" fare, senza capire che la richiesta indiretta è quella di compiere un'azione e non di rispondere alla domanda circa le proprie capacità.

Quando invece siamo noi a dover raccontare qualcosa, modifichiamo il discorso diversamente, in relazione al nostro interlocutore: se si tratta di una persona che era presente all fatto -per esempio-, tralasciamo inutili dettagli; quando invece parliamo con qualcuno che non conosce la vicenda, diamo tutte le informazioni necessarie a una buona comprensione, menzionando tutti i dettagli.

 

 

L'inversione dei pronomi
[sommario]

Le persone autistiche hanno anche la tendenza a confondere i pronomi, hanno problemi ad afferrare il significato di parole che cambiano di significato in relazione a chi sta parlando, come "mio", "io" e "tu".

E' complesso spiegare cosa accade quando un bambino autistico rovescia i pronomi; prima si sosteneva che ciò fosse dovuto a una percezione confusa della propria identità, ma successivamente si è capito che questa immagine fa parte del mito dell'autismo e non della realtà; anche nel normale sviluppo del linguaggio, questo tipo di errore è comune sotto i cinque anni, e viene spesso ignorato da chi ascolta, perché si dà per scontato che il bambino non stia confondendo realmente le persone.

Dati sperimentali hanno dimostrato che anche i bambini autistici non confondono l'identità propria e altrui, quasi sempre usano i nomi in modo corretto, anche se tendono a usare i nomi propri quando i loro coetanei userebbero i pronomi (Jordan, 1980), forse perché mettono insieme soltanto una quantità limitata di informazioni alla volta al contrario dei bambini normali, che prendono in considerazione una maggior quantità di informazioni, e comprendono che i pronomi si riferiscono a sostantivi già usati e compresi da chi parla e da chi ascolta. Solitamente in una conversazione di continuo si controlla il significato di un'espressione sia dal punto di vista del parlante che dell'ascoltatore; i bambini autistici invece trovano molte difficoltà a valutare i ruoli sociali nei loro aspetti più sottili, non deve quindi sorprenderci che i pronomi personali vengano confusi o non siano usati affatto, per le stesse ragioni spesso hanno difficoltà coi tempi dei verbi, non per problemi grammaticali, ma perché non riescono a capire quando si deve usare un determinato tempo.

Le difficoltà con i pronomi, con i termini per il tempo e lo spazio, la persistenza di espressioni singolari e la pervasività dell'ecolalia rappresentano la punta di un immenso iceberg, dato dall'incapacità di valutare il significato più ampio che comprende le intenzioni del parlante. La caratteristica più tipica del linguaggio autistico può essere spiegata come la conseguenza e non come la causa di uno specifico deficit di comunicazione.

Per utilizzare il linguaggio in modo adeguato sono necessarie una vasta gamma di capacità: la fonologia riguarda la capacità di elaborare i suoni verbali; la sintassi è relativa alla capacità di seguire le regole della grammatica, la semantica alla capacità di comprendere e creare i significati e la pragmatica è relativa alla capacità di usare il linguaggio con lo scopo di comunicare. Gli aspetti della fonologia, della sintassi e della semantica sono stati molto studiati e hanno permesso di determinare che qualsiasi sia il livello raggiunto in queste capacità (talvolta molto elevato), il livello della pragmatica sarà inferiore e ha permesso di stabilire che le difficoltà nella pragmatica sono una caratteristica universale dell'autismo.

Chi è in stretto contatto con persone autistiche che possiedono un buon linguaggio nota spesso che vi è qualcosa di strano nel modo in cui parlano, vi è la tendenza a vedere ogni cosa o nera o bianca, perdendo di vista le sfumature, differenze e somiglianze che non sono mai categoriche, ma dipendono di fatto dalle circostanze. Tutte le persone sanno che le stesse parole, espresse con un diverso intento comunicativo, acquistano un significato diverso; un esempio può essere quello dell'ironia, per le persone autistiche il significato delle parole non cambia in un contesto ironico.

Da alcuni studi emerge la noncuranza delle regole sociali, difficoltà relative alla modulazione della voce (possono passare improvvisamente dal bisbiglio all'urlo) determinati da una difficoltà nel riuscire a valutare quale sia il volume necessario in una conversazione, talvolta anche la velocità e la mancanza di variazione dell'eloquio può portare qualche problema, il linguaggio è spesso percepito come qualcosa di cantilenante, monotono e pedante; tutto ciò mostra che i problemi non hanno origine dalla mancanza di controllo, ma dal non sapere quando e dove applicare il controllo. (Baltaxe, 1977).

Normalmente nella comunicazione quotidiana è importante l'argomento del messaggio, piuttosto che il messaggio stesso, per l'ascoltatore è importante sapere perché chi parla trasmette quel determinato pensiero, e per chi parla è fondamentale essere compresi nel modo in cui si vuole essere compresi; questo è ciò che manca nel linguaggio autistico. La comunicazione non può limitarsi a una scrupolosa azione di codifica e decodifica di informazioni, ciò che rende speciali gli esseri umani è l'intenzionalità della comunicazione, e il contesto ne è l'ingrediente fondamentale che la distingue dalla pura e semplice trasmissione di messaggi. Il contesto è un insieme di premesse usate nell'interpretazione di un'espressione, un sottoinsieme di assunzioni sul mondo da parte di chi ascolta; naturalmente sono più queste assunzioni, che lo stato effettivo del mondo, che influenzano l'interpretazione di un'espressione; le aspettative sul futuro, le ipotesi scientifiche e le credenze religiose, le assunzioni culturali generali, le credenze sullo stato mentale di chi parla, tutto ciò gioca un ruolo nell'interpretazione (Sperber e Wilson, 1986).

Così benché il DSM-IV dia molta importanza agli aspetti formali del comportamento linguistico, non sono eccessivamente significativi nel caso dell'autismo, infatti l'integrità del linguaggio nei suoi aspetti formali può essere fuorviante, specialmente se impedisce di rilevare i deficit pragmatici sottostanti che ostacolano la capacità di produrre un discorso coeso (Schopler, Mesibov e Kunce, 2001).

 

 

Bibliografia
[sommario]

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