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analisi della letteratura in merito alla comunicazione facilitata
(cenciarelli i., mona a., 1999)


autismo: è legato alla carenza di un enzima? - abstract
(cohen e., 1997)


autismo e linguaggio
(atzori g., 2003)


autismo ed epilessia
(a cura del prof. curatolo p., 1999)


dimetilglicina, un metabolite non tossico e l'autismo
(rimland b., 1996)


i testi dei facilitati svolgono le funzioni della lingua parlata?
(cenciarelli i., 1999)


il legame fra il vaccino mmr e l'autismo ora è più chiaro
(fracer l., 2000)


il profilo cognitivo delle persone autistiche
(mona a., 1999)


l'autismo: nuovi esami per trovarne le cause e migliorarne la prognosi
(hanau c., tratto dal sito 'autismo triveneto', 1999)


l'intervento evolutivo multicomponenziale (i.e.m.) in soggetti autistici
(guazzo g. m., aliperta d., cozzolino g., fabrizio c., liotta d., trinchese i., pervenuto alla bma il 12-11-2000)


l'uso di diete senza glutine e caseina con persone con autismo
(autism research unit, 1999)


la comunicazione facilitata in ambito giudiziario
(cenciarelli i., mona a., 1999)


le rappresentazioni della relazione tra operatori e bambini autistici
(d'amore s., onnis l., 1998)


linguaggio segnato o comunicazione simultanea
(edelson s. m.)


risultati a lungo termine per bambini con autismo che hanno ricevuto un trattamento comportamentale intensivo precoce
(O. I. Lovaas, J. J. McEachin, T. Smith, 1993)


ruolo dell'immunogenetica nella diagnosi di patologie post-vaccinali nel sistema nervoso centrale - abstract
(montinari m. g., 1995)


secretina, aggiornamento di dicembre 1999: la questione della sicurezza
(rimland b., 1999)


secretina: notizie positive e negative alla "fine del primo inning"
(rimland b., 1999)


sistema immunitario e autismo: alcune considerazioni
(colamaria v., pervenuto alla bma il 18-04-2001)


teoria della mente e autismo
(atzori g., 2003)


trattamento comportamentale ed educazione normale e funzionamento intellettivo nei bambini autistici
(lovaas o. i., 1987)


un trattamento omeopatico per l'autismo
(micozzi a., benassi f., 2002)

 

 

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LE RAPPRESENTAZIONI DELLA RELAZIONE TRA OPERATORI E BAMBINI AUTISTICI

Salvatore D'Amore, Luigi Onnis, 1998
Psicobiettivo, 18, 1, aprile 1998 (pp 103-121)

 

sommario

- riassunto
- summary
- la rappresentazione: qualche concetto
- le rappresentazioni della relazione teraputica in una prospettiva sistemica
- le rappresentazioni del bambino autistico
- presentazione della ricerca
- risultati
- discussione dei risultati
- conclusioni
- bibliografia
- note

 

 

riassunto: Le rappresentazioni relazionali costituiscono un'importante area di studio per la comprensione dei fenomeni interattivi, specialmente nella relazione operatore-paziente, in quanto gli schemi di relazione interinfluenzano circolar­mente atteggiamenti, aspettative e sequenze interattive di entrambi.

Questa ricerca propone un modello di osservazione delle rappresentazioni attra­verso l'uso di metafore e sculture cercando di evidenziare come il modo di perce­pire il bambino autistico e la relazione con lui da parte di operatori può avere importanti implicazioni terapeutiche e prognostiche che influenzano lo sviluppo e l'esito del processo terapeutico. La soggettività dell'operatore e la sua equazio­ne personale diventano così veri e propri oggetti di riflessione e di indagine, che richiamano la necessità di adeguati percorsi formativi e l'utilità di regolari espe­rienze di supervisione.

 

 

summary: Relational representations constitute an important study area for understanding of interactivephenomena, exspecially, in the field of relationship between health care workers (medical doctors, psychotherapists, counselors, and so on) and patients because relational representations circularly influence mutual behaviours and expectations.

This research propose an observation model of the representations of the rela­tionship between a therapist and an autistic child. This model, based upon the use of metaphors and sculpting, put in evidence how the way the therapist repre­sents the child and the relationship with him could have important implications on the therapeuticprocess as on its developments and issues.

The subjectivity of the therapist and his personal aspects, consequently, become a crucial field of autoreflection: this requires adequate training courses and regu­lar supervision experiences.

 

 

L'autismo si configura, sempre più, come una sindrome di particolare complessità psicopatologica a causa della sua eterogeneità teorica, eziologia, diagnostica, clinica e terapeutica.

Da quando Leo Kanner (1943) lo ha identificato, numerose ricerche si sono avvicendate; ma finora nessuna tra le diverse spiegazioni teoriche e cliniche può dirsi esaustiva. L'autismo si propone così come un'area di studio polisemia e nello stesso tempo ermetica per effetto della complessità introdotta dalle diverse prospettive d'indagine.

Da un punto di vista diagnostico è interessante sottolineare che, oggi non si parla più di autismo "tout-court" come quadro psicopatologica a sé stante, ma di costellazione, sindrome o disturbo autistico (DSM IV, 1994)

Per offrire un'idea della poliedricità della ricerca citiamo alcuni tra i più recenti e rilevanti indirizzi:

 

  1. ricerche bio-organiche (Orinitz, 1987; Minderara, Anderson, Volkmar, Akkerhuis, Cohen, 1987; Courchesne, Yeung, Courchesne, Press, Hessenlink, Jernigan, 1988; Smallery, Asarnow, Spence, 1988; Holttum, Minshew, Sanders, Philips, 1992);
  2. ricerche cognitive (Hermelin O'Connor, 1970; Baron-Cohen, Leslie, Frith, 1985; Froth, 1989; Hugues, Russel, 1993; Hobson, 1993);
  3. ricerche psicodinamiche (Mahler, 1973; Tustin, 1972, 1990; Meltzer, 1975);
  4. ricerche etodinamiche (Tinbergen, 1989; Zappella, 1987, 1992);
  5. ricerche sistemico-relazionali (Sorrentino, Seassaro, 1992; Brigdman, 1995; Cancrini, Dantale, Tabet, Di Renzo, Pecori, 1997).

 

E' doveroso chiarire che questa molteplicità di ricerche, se, da una parte sembra confondere o complicare la comprensione dell'autismo, dall'altra, ha condotto i ricercatori ad assumere un punto di vista "integrato", ossia, a considerare che diversi fattori possono concorrere alla genesi di questo disturbo. L'eterogeneità dei fattori eziologici, infatti, conduce ad ipotizzare l'esistenza di processi psicopatologici caratterizzati dall'intervento di fattori organici ed evolutivo-comportamentali.

Tenuto conto, inoltre, dei dati clinici e degli attuali modelli di sviluppo psichico i quali considerano che i fattori legati alla struttura neurobiologica e dell'ambiente relazionale-educativo interagiscono costantemente, l'ipotesi di un determinismo plurifattoriale dell'autismo può essere verosimile (Burstejin, Golse, 1990).

Per completare il quadro, evidenziamo che numerosi sono, anche, gli orientamenti terapeutici: terapia psicoanalitica, familiare, psicoeducativo e cognitivo-comportamentale. Succede, talvolta, che questi approcci restano isolati nelle loro barriere teoriche ed esplicative contribuendo ad una frammentazione degli interventi ed allontanandosi sempre più dal tanto ricercato approccio "integrato" o "eclettico".

Proprio di fronte a questa realtà caleidoscopica, si avverte sempre più l'esigenza di coordinare gli interventi e di sostenere non solo il bambino ma anche il suo "ecosistema" (famiglia, scuola, servizi, rete sociale).

Ci sembra importante, in particolare, considerare gli atteggiamenti e le aspettative di tutte le figure che ruotano attorno al bambino per cercare di comprendere come e in quale misura queste variabili sono correlate al mantenimento e/o all'evoluzione del disturbo.

Una ricerca sulle rappresentazioni degli operatori che si occupano di bambini autistici, vuole essere proprio un tentativo di comprensione di queste variabili che, inevitabilmente, giocano un ruolo importante anche nella definizione e nella realizzazione di ogni tipo di intervento.

 

 

la rappresentazione: qualche concetto
[sommario]

Per Sandler e Rosenblatt (1962), autori di orientamento psicodinamico, la rappresentazione indica due diversi concetti:

 

  1. un'organizzazione interna stabile, una mappa interna che raccoglie ed integra tutte le immagini mentali e le disposizioni relazionali di sé e degli altri;
  2. i contenuti e le caratteristiche cognitivo-affettive di queste immagini che si collocano all'interno dell'esperienza personale. Le caratteristiche principali di una rappresentazione sono:
 
  1. è rappresentazione di qualcosa (l'oggetto) e di qualcuno (il soggetto). Le caratteristiche del soggetto e dell'oggetto avranno influenza su ciò che essa è;
  2. ha un carattere immaginifico;
  3. è con il suo oggetto in un rapporto di simbolizzazione (lo sostituisce) e di interpretazione (gli conferisce dei significati). Questi significati risultano da un'attività che fa della rappresentazione una costruzione ed un'espressione del soggetto;
  4. ha un carattere costruttivo1;
  5. ha un carattere autonomo e creativo;
  6. ha un carattere sociale in quanto attinge a categorie di linguaggio (Jodelet, 1989).

 

Le rappresentazioni vanno, quindi, studiate articolando elementi affettivi, mentali e relazionali.

E' nostra opinione che non c'è frattura ma continuità tra gli aspetti mentali e sociali della rappresentazione, essendo questa un concetto "cerniera" tra l'individuale e il relazionale-sociale.

Le rappresentazioni, infatti, si collocano all'interfaccia tra processi psicologici (individuali) e processi sociali, non sono create da individui isolati, ma dall'intersezione tra individui, gruppi e società (Ardone, 1990).

Da un punto di vista evolutivo (che cerca di integrare sia quello psichico, sia quello relazionale-sociale), potremmo sostenere che le prime interazioni vengono interiorizzate dal bambino e costituiscono la trama sulla quale si tessono le sue future relazioni (Stern 1991). Nello stesso tempo, dimensioni "interne e individuali" come affetti, emozioni, cognizioni, influiscono sulla rappresentazione sociale che comprende dimensioni "condivise e interindividuali" come opinioni credenze e stereotipi.

Le relazioni, inoltre, hanno un peso notevole nelle relazioni e nella loro continuità. Non si tratta solo di "memorie" frammentarie di eventi accaduti, ma di eventi operativi interni (Bowlby, 1980) e di scripts o copioni (Stern, 1991, p. 77) ossia schemi e sequenze relazionali organizzate nello spazio e nel tempo che permettono alla persona di formarsi delle aspettative e di valutare le relazioni in corso.

L'immagine che io ho dell'altro è come un filtro che "legge" i suoi comportamenti, ed è, anche, in funzione di questo che si articola una relazione. Uno stesso comportamento, infatti, può dar luogo a relazioni radicalmente diverse secondo il significato che gli viene attribuito dai diversi attori sociali (Abric, Kahan, 1972).

 

 

le rappresentazioni della relazione teraputica in una prospettiva sistemica
[sommario]

Se la prima cibernetica tendeva a sottolineare le leggi generali e l'omeostasi del sistema familiare, accordando poca importanza ai processi evolutivi (Elkaim, 1989, p. 19), con la seconda cibernetica vi è una riconsiderazione della soggettività non solo del paziente ma anche del terapeuta, un recupero della semantica relazionale, dei miti, della storia e delle rappresentazioni2.

Il terapeuta viene considerato come co-costruttore insieme al paziente della realtà terapeutica.

"La rappresentazione che il terapeuta dà del sistema non potrà mai essere del tutto oggettiva [...] in quanto contribuisce egli stesso a 'costruire' la realtà descritta" (Onnis, 1994, p.48).

il terapeuta è così responsabile della definizione della malattia e della sua evoluzione terapeutica: "proprio perché la cronicità della malattia è anche funzione della relazione terapeutica, la rappresentazione che l'operatore ha può influenzarne il decorso" (Onnis, Cancrini, Tortolani, 1986, p. 120).

Riflettere su questi concetti ci sembra fondamentale: il terapeuta che riesce ad ascoltare le proprie emozioni, le proprie risonanze, a leggere le immagini che ha del paziente e del suo disturbo, sicuramente riuscirà a rendere flessibili i propri atteggiamenti e le proprie aspettative evitando posizioni pregiudiziali che possono portare a rigidità relazionali e, quindi, a rinforzare la patologia.

Molti autori di orientamento sistemico hanno illustrato come il livello rappresentativo e mitico di una relazione ha un peso nell'economia psichica e relazionale dell'individuo, della coppia e della famiglia. Esso infatti è costantemente in un rapporto di inter-influenza circolare col livello pragmatico delle interazioni e dei comportamenti.

Significative sono le convergenze tra i quattro modelli dei seguenti autori (tab. 1).

Tutti e quattro i modelli di questi autori sottolineano l'interazione esistente tra il livello mitico e il livello pragmatico, confermando quindi la doppi a valenza fenomenologica e rappresentativa che caratterizza ogni relazione.

 

 

le rappresentazioni del bambino autistico
[sommario]

Come per ogni altro bambino, lo sviluppo dell'autistico è legato all'ambiente nel quale vive. In primo luogo, l'ambiente familiare con le sue competenze; poi, quello scolastico e terapeutico con tutti gli operatori che si occupano della sua crescita.

La rappresentazione che i genitori, insegnanti e operatori hanno del bambino autistico può essere vista come uno dei fattori che facilita o inibisce la sua evoluzione (Morvan, 1988; Donnadieu, Aussilloux, 1991).

In particolare, quando le figure significative hanno rappresentazioni antinomiche del bambino (nel senso che ognuno lo percepisce in maniera diversa dall'altro) risultano discordanti anche gli atteggiamenti adottati nei suoi confronti (Dessoy, 1992). Il bambino si trova, così, a ricevere una serie di doppi messaggi che lo immobilizzano impedendone l'evoluzione.

Ad esempio: se le relazioni tra un educatore e un bambino sono tali da indurlo a restare piccolo e fragile, si potrebbe supporre che l'educatore stia aderendo ad un insieme di rappresentazioni, in virtù delle quali, orienta i suoi atteggiamenti in modo da alimentare la dipendenza del bambino; al contrario, se la relazione di un altro educatore con lo stesso bambino promuove l'autonomia e la differenziazione si suppone che eglistia rispondendo adb una serie di rappresentazioni che portano quel segno (Dessoy, 1990).

Il problema, ora, non è avere due rappresentazioni diverse, quanto averle di segno opposto. Non è importante sapere qual è la migliore: tutte e due sono inadeguate perché scindono il bambino in due visioni incompatibili; il bambino non potrà fare altro che restare in una situazione di "stallo", non sapendo a quale rappresentazione-messaggio aderire perché diversi sono,, di conseguenza, gli atteggiamenti che gli educatori assumono nei suoi confronti.

Il bambino, così, trovandosi di fronte a questa ambiguità di messaggi rinforza il suo autismo, con la complicità ingenua degli operatori, accentuando così quel modo di esistere isolato, scisso che non lo fa evolvere.

Il modo in cui genitori e personale curante percepiscono il bambino gioca, quindi, un ruolo fondamentale nell'evoluzione del disturbo. E' stato osservato, infatti, che nei casi di disturbi cronici o handicaps, ci si concentra di più sulla mancanze anziché sulle risorse, confinando il bambino ancora di più nel ruolo di malato (Palfrey, Levy, Gilbert, 1980), impedendone così la crescita.

Lavorare sulle rappresentazioni potrebbe essere uno dei tentativi per uscire dalla rigidità relazionale che talvolta si verifica sia nell'ambiente familiare che in quello terapeutico. Riconoscerle permetterebbe, pertanto, di creare un ambiente che favorisca lo sviluppo del bambino anziché bloccarlo.

La ricerca che stiamo per presentare vuole essere una proposta di lavoro che riguarda gli operatori,. In sintonia con i principi della seconda cibernetica che sostengono l'importanza e l'influenza degli atteggiamenti dell'operatore verso il disturbo e la definizione e gli sviluppi della relazione terapeutica.

 

indietro Tabella 1: livello pragmatico e mitico dei modelli di diversi autori (p. 106)   

Caillé (1985) Dessoy (1993) Elkaim (1989) Onnis (1994b)
livello mitico Modello Fondatore Struttura delle eccedenze Maooa del Mondo Miti d'unità e fantasmi di rottura
livello pragmatico Modello Fenomenologico Struttura dei Comportamenti Etici Programma Ufficiale Modelli interattivi

 

 

presentazione della ricerca
[sommario]

L'nteresse per questo studio è nato nel quadro di un tirocinio Erasmus svolto presso le Ferme du Soleil, un centro terapeutico belga per bambini autistici, psicotici e con gravi disturbi della personalità. Qui, oltre a partecipare alle attività dei gruppi terapeutici, si è presa parte alle riunioni multidisciplinari composte da educatori, psicologi, pedopsichiatri e psicomotricisti. Scopo di questi incontri è la progettazione degli interventi terapeutici, la coordinazione dele attività istituzionali, la discussione dei vissuti e delle difficoltà relazionali degli operatori.

Nel corso di questa esperienza il nostro interesse si è soffermato, in particolare, sui diversi modi che gli educatori avevano di percepire il bambino, il suo disturbo e la relazione terapeutica.

In particolare, abbiamo avuto l'impressione che queste diversità rappresentative non fossero evidenti o esplicite: ogni educatore aveva una certa idea circa il bambino e il suo disturbo e poche erano le occasioni in cui poteva esprimerla e confrontarla. Partecipando alle diverse attività cisiamo posti le seguenti domande:

 

  1. Il bambino autistico viene rappresentato soltanto come un essere che non comunica o è anche percepito come un essere capace di comunicare attraverso modalità alternative?
  2. Quale rappresentazione della relazione con il bambino autistico hanno gli educatori? Si tratta soli di una relazione "impossibile" oppure di una relazione difficile ma realizzabile?
  3. Di fronte ad una patologia così severa, gli educatori prevedono miglioramenti con una eventuale remissione dei sintomi oppure un non cambiamento? Quali sono le rappresentazione del futuro di questi bambini?

 

Ci siamo chiesto, inoltre, se un'esplorazione delle rappresentazioni potesse essere utile anche all'esplicitazione dei conflitti spesso coperti da uno "pseudo-accordo" espresso da un "tout va trés bien" collettivo.

Una ricerca che cerchi di rispondere ai suddetti quesiti consente di osservare:

 

  • come viene percepito il bambino e il suo disturbo;
  • se le rappresentazioni degli educatori sono orientate verso un buona evoluzione del bambino e della relazione terapeutica;
  • infine, se queste rappresentazioni sono sintoniche con un progetto terapeutico comune.

 

Se non fosse così, è ipotizzabile, sulla base della stretta correlazione esistente tra rappresentazioni e relazioni, che gli educatori anziché favorire una buona evoluzione del bambino possono mettere in atto schemi relazionali che possono rinforzare e favorire il disturbo anziché favorire la remissione, quindi adottare atteggiamenti antiterapeutici.

 

 

A) ipotesi

Le ipotesi di lavoro che animano questa ricerca esplorativa, sostengono fondamentalmente che le rappresentazioni che gli educatori hanno del bambino autistico e della relazione con lui abbia implicazioni terapeutiche e prognostiche.

 

1. Un'implicazione terapeutica perché la consapevolezza di come percepisce il bambino e la relazione terapeutica permette di comprendere meglio atteggiamenti, aspettative e modalità relazionali. Ciò consente, non solo, rilavorare sulla relazione terapeutica ma, anche, di coordinare gli interventi e di renderli congrui con un processo terapeutico condiviso da un'intera équipe.

2. Un'implicazione prognostica perché un'analisi sulle rappresentazioni offre importanti indici evolutivi e predittivi (Ammanniti, 1993). Si tratta di osservare non solo come l'educatore percepisce il bambino "qui ed ora" ma anche se percepisce nel bambino e nella relazione potenzialità e capacità di trasformazione e di sviluppo.

 

 

B) soggetti

I soggetti della nostra ricerca sono otto: quattro educatori e quattro bambini.

Gli educatori fanno parte dell'équipe terapeutica di uno dei due centri diurni della "Ferme du Soleil": l'educatrice 1 (gli educatori saranno identificati con i numeri che vanno da uno a quattro) è specialista in psicopedagogia e psicomotricità, linguaggio gestuale e metodo Snoelzen; l'educatore 2 è specialista in musicoterapia; l'educatrice 3 è insegnante di sostegno e logopedista; l'educatore 4 è coordinatore dell'équipe e specialista in ippoterapia.

I bambini sono tre maschi e una femmina, tutti e quattro presentano un disturbo autistico. Il bambini A (i bambini saranno identificati con le lettere A, B, C, D) ha sei anni, la bambina B dodici anni, il bambino C tredici anni e, infine, il bambino D nove anni.

 

 

C) variabili indagate

In conformità con le nostre ipotesi di ricerca, le variabili che esploreremo sono:

 

1. Immagine del bambino e sue caratteristiche;

2. Rappresentazione della relazione educatore-bambino autistico nel presente;

3. rappresentazione della relazione educatore-bambino nel futuro;

4. Predisposizione o "prognosi" di stabilità o di cambiamento del bambino e della relazione.

 

 

D) metodologia

Gli strumenti utilizzati sono stati le interviste semistrutturate e le sculture.

 

a) l'Intervista Metaforica

L'intervista è stata somministrata ad ogni educatore, registrata su cassetta audio, tradotto in lingua italiana e ritrascritta fedelmente per la codifica e per l'analisi del contenuto. Scopo dell'intervista è stato rilevare le metafore che ogni educatore ha evocato per ciascuno dei bambini considerati.

La metafora per il suo carattere ludico e non intrusivo permette alla persona che la utilizza di non sentirsi immediatamente implicata in ciò che dice, di assumere una distanza dando così ampio spazio all'espressione dei livelli fantastici e immaginali (Onnis, 1998). Essa propone, inoltre, una gamma di emozioni che permette di porsi nella situazione immaginata senza alcuna implicazione intellettuale: più elementi sensoriali sono presenti e meno ci si trova nel dominio della razionalità (Malarewicz, 1996).

Il parlare "come se", ci è sembrato un mezzo efficace per raccogliere delle informazioni altrimenti difficili da reperire. E', infatti, più facile parlare di se stessi facendo finta di parlare di un'altra persona, di cose, eventi o situazioni.

La consegna consisteva nel chiedere a ciascun educatore di rispondere, per ciascuno dei bambini, delle seguenti domande attraverso l'uso di metafore:

 

  1. Come immagini il bambino?
  2. Quali sono le sue caratteristiche?
  3. Come immagini la vostra relazione?
  4. Quali sono le caratteristiche di questa relazione?
  5. Se tu avessi un bacchetta magica, che cosa cambieresti nel bambino e/o nella relazione?

 

Gli educatori hanno risposto alle domande per ciascun bambino.

 

b) Le Sculture Evolutive

Come secondo strumento di indagine sono state utilizzate le sculture del presente e del futuro (Onnis, 1990, 1992, 1994c).

Le sculture, introdotte nella terapia familiare da Satir (1972); Duhl, Kantor (1973), Papp (1976) consistono nel richiedere ad ognuno dei partecipanti di esprimere una rappresentazione visiva e spaziale della famiglia attraverso l'uso del corpo e del movimento, l'atteggiarsi delle fisionomie e delle posture, il gioco delle vicinanze e delle distanze e la direzione degli sguardi. Si tratta di una rappresentazione non verbale, che, dopo la sua realizzazione può essere seguita da commenti dei partecipanti sui propri vissuti. Nel modello elaborato da Onnis e coll. (1990,1994d) , l'aspetto innovativo e originale è rappresenta to dal fatto che le sculture del presente e del futuro esplorano la dimensione evolutiva del sistema ("sculture evolutive" o "sculture del tempo").

La scultura del presente è una rappresentazione di come ogni membro vede L sistema nel momento attuale, nel "qui ed ora". La scultura del futuro, invece, è una rappresentazione di come si immagina che il sistema sarà nel futuro, dopo un certo arco di tempo di storia futura. Con questo tipo di scultura è osservabile "come" e "se" vengono rappresentati dei cambiamenti rispetto alla prima, quindi, se il siste­ma si vede "trasformato, in evoluzione" o, al contrario, "bloccato e statico".

Questa seconda scultura introduce, quindi, una dimensione diacronica, che insieme a quella sincronica della scultura del presente evidenzia la dimensione evolutiva del sistema. Il fatto stesso di esplorare o di immaginare il futuro pone la persona che esegue la scultura, in una meta-posizione rispetto al problema (Chasin e al, 1989); lo stimola ad inventare nuove soluzioni o alternative e gli permette, inoltre, di far fronte al suo potenziale evolutivo.

Nel caso della nostra ricerca ci sembra importante sottolineare, che, la scultura del futuro ha un valore predittivo per ciò che concerne gli sviluppi della relazio­ne educatore-bambino; come rappresentazione della previsione di cambiamento essa permette all'educatore di confrontarsi con le proprie potenzialità e risorse da mobilitare.

Se l'educatore non predice un cambiamento, se non crede che la sua relazione con il bambino autistico avrà un'evoluzione, probabilmente, egli non mobiliterà tutte le risorse e competenze per fare in modo che la relazione evolva. Diventa necessario, quindi, che egli prenda consapevolezza di come percepisce il bambi­no e la relazione in modo da non essere vittima "ignara" di rappresentazioni invo­lutive. La scultura può diventare, in questo caso, uno strumento utile a recuperare la flessibilità perduta, perché smuove le aree emotive stagnanti e sorde al cambia­mento.

La realizzazione delle sculture si è svolta così: abbiamo chiesto ad ogni educatore di eseguire una scultura che rappresentasse, sia la relazione con ognuno dei bambini, sia con il gruppo degli educatori nel presente e nel futuro (per un totale di trentadue sculture di cui otto per ogni educatore). Il bambino autistico è stato interpretato da un educatore esterno al gruppo considerato.

Le sculture del presente ci hanno permesso di osservare quale rappresentazione del bambino e della relazione l'educatore aveva nel "qui ed ora". Con la scultura del futuro,invece, è stato possibile osservare se l'educatore rappresenta un cambiamento, sia per il bambino, sia per la loro relazione.

Le trentadue sculture sono state videoregistrate da uno psicologo del centro che ha assicurato la supervisione durante l'esecuzione.

 

c) Metodi di codificazione

La codifica del materiale è avvenuta utilizzando una griglia che ci ha permesso di svolgere l'analisi del contenuto sia delle metafore che delle sculture e di confron­tare i dati in modo da poter fare opportuni confronti.

La griglia, costruita per ogni bambino, ha quattro entrate che corrispondono ai seguenti indicatori:

 

  1. immagine del bambino e sue caratteristiche;
  2. relazione nel presente;
  3. relazione nel futuro;
  4. predizione di evoluzione o involuzione.

 

Nella fase di analisi del contenuto del materiale raccolto, tenendo conto di ciascuno dei suddetti indicatori, sono stati operati dei raggruppamenti semantici che ci hanno permesso di evidenziare categorie relative alle quattro variabili indagate.

La verifica della prima ipotesi circa le implicazioni terapeutiche dell'analisi delle rappresentazioni della relazione educatore-bambino autistico è avvenuta attraver­so l'analisi dei dati emersi dalle metafore e dalle sculture del presente.

La verifica della seconda ipotesi circa la predittività delle rappresentazioni è avve­nuta attraverso l'analisi dei dati emersi dalle sculture del futuro e dal confronto tra queste e le sculture del presente.

 

 

risultati
[sommario]

La ricerca ha offerto risultati suggestivi e interessanti, qui li esporremo riprenden­do le quattro variabili considerate.

Variabile n.1: Immagine del bambino e sue caratteristiche (Grafici 1 e 2) Gli educatori hanno evocato i bambini con i seguenti tipi di metafore:

 

  • Bambino (es. impalpabile, senza fisionomia precisa, quasi fantasma), 6%;
  • Oggetto (es. pedina di una scacchiera, robot), 25%;
  • Elemento naturale (es. ruscello di montagna, raggio di sole, canna al vento, mare in tempesta), 25%;
  • Animale (es. lupetto, orsacchiotto, pony, scoiattolo, leoncino, bufalo, gabbia­no), 44%.
 

 

indietro Grafico 1: immagine del bambino autistico (p. 111)

grafico 1: immagine del bambino autistico

 

 

Gli aggettivi relativi alle caratteristiche del bambino sono eterogenei. Operando dei raggruppamenti semantici si rilevano cinque categorie fondamentali:

 

  1. Oppositivo (es. tirannico, rigido, testardo, estremo, capriccioso, arrabbiato, agitato), 13%;
  2. Imprevedibile (es. ambiguo, evitante, disorientante, sorprendente, enigmati­co, sfuggente), 25%;
  3. Affettuoso (es. profondo, dolce, caldo, fusivo, adorabile, gentile), 19%;
  4. Solitario (es. selvaggio, sradicato, sfiduciato, egocentrico), 31%;
  5. Bizzarro (es. disarmonico, fragile, fine, passivo), 12%.

 

Variabile n. 2: Relazione educatore-bambino autistico e sue caratteristiche nel presente (grafico 3). Nelle metafore e nelle sculture del presente, sono state ritrovate le seguenti cate­gorie:

 

  1. Distanza (es. difficoltà dell'educatore ad entrare in contatto con il bambino, evitamento di ogni relazione da parte del bambino, noia dell'educatore per le stereotipie del bambino). Metafore: 32%; sculture: 37%.
  2. Reciprocità (es. affetto, fiducia, scambio). Metafore: 2500; sculture: 25%.
  3. Imprevedibilità (es. ambiguità, difficoltà a prevedere come reagirà il bambi­no). Metafore: 1200, sculture: 13%.
  4. Provocazione (es. rigidità, imposizione della volontà, relazioni simmetriche) Metafore: 6%.
  5. Ricerca di contatto da parte dell'educatore (es. attesa, sottomissione alla volontà del bambino). Metafore: 25%; sculture: 25%.

 

 

indietro Grafico 2: caratteristiche del bambino autistico nelle metafore (p. 112) 

grafico 2: caratteristiche del bambino autistico nelle metafore

 

 

Variabile n. 3: Relazione educatore-bambino autistico e sue caratteristiche nel futuro (grafico 4) Nelle metafore e nelle sculture del futuro, sono riscontrabili rappresentazioni della relazione che vertono su queste categorie:

 

  1. Autonomia (es. il bambino parlerà, sarà capace di avere una relazione parita­ria con gli adulti, sarà capace di svolgere alcune attività senza l'intervento degli educatori). Metafore: 31%, sculture: 30%.
  2. Socievolezza (es. il bambino avrà più fiducia nell'educatore, chiederà aiuto, accetterà la dipendenza dagli adulti, socializzerà con gli altri bambini). Metafore: 31%, sculture: 26%.
  3. Affettuosità (es. il bambino sarà capace di instaurare una relazione affettiva basata sulla fiducia e sulla minore rigidità, durezza e ostinazione). Metafore: 600; sculture 7%.
  4. Non cambiamento (es. il bambino non cambierà, resterà sempre uguale: impetuoso, indifferente, distante e solitario). Metafore: 32%, sculture 37%.

 

indietro Grafico 3: rappresentanze della relazione nel presente (p. 113)

grafico 3: rappresentazione della relazione nel presente

 

 

Variabile n. 4: Predizione di evoluzione o di involuzione nelle metafore e scultu­re del futuro (graf. 5)

Per ciò che concerne la rappresentazione del futuro evidenziamo che l'educatore predice una buona evoluzione della relazione con il bambino (metafore: 81

sculture: 61% delle risposte).

Sono, comunque, presenti predizioni negative circa il futuro di qualche bambino (metafore: 19%; sculture: 39% delle risposte) soprattutto nelle sculture del futuro. Ci è sembrato importante, inoltre, prendere in considerazione altre variabili come gli indici di concordanza e/o discordanza rappresentativa ovvero misurare quan­to le rappresentazioni degli educatori siano sintoniche e/o distoniche tra di loro e rispetto ad un progetto educativo istituzionale redatto per ogni bambino. Ma perché questo interesse?

È ovvio che l'efficacia di un intervento terapeutico aumenta quanto più gli opera­tori hanno rappresentazioni armoniche del bambino preso in carico. Inoltre se queste rappresentazioni sono congrue rispetto ad un progetto educativo istituzio­nale potremmo ipotizzare che vi è un alto grado di "accordo sistemico" tra gli educatori e le finalità ufficiali dell'istituzione. Questi due corollari vanno così ad avvalorare le nostre ipotesi: il primo utile all'ipotesi di verifica 1 circa le implica­zioni terapeutiche di una ricerca sulle rappresentazioni, il secondo utile a tutte due le ipotesi di verifica.

 

  • Per ciò che concerne il primo corollario sul grado di concordanza e/o discor­danza delle rappresentazioni espresse (vedi grafico 6), è stata riscontrata una maggiore frequenza di rappresentazioni parzialmente concordanti (3 versus 1: metafore: 43%; sculture:50%) e di rappresentazioni discordanti a coppie (2 versus 2: metafore: 25%; sculture: 31%). Le concordanze totali e le discordanze totali ricoprono una bassa percentuale.
  • Per ciò che concerne la verifica del grado di concordanza e/o discordanza delle rappresentazioni con il progetto educativo istituzionale redatto per ogni bambino, un'uguale frequenza di rappresentazioni concordanti e discordanti (50% concordanti e 50% discordanti, (vedi grafico 7) ci suggerisce che in effetti le rappresentazioni espresse un po' tradiscono quelle che sono le finalità terapeuti­che istituzionali che gli educatori insieme all'équipe multidisciplinare postulano alla base degli interventi.

 

I dati raccolti ci hanno offerto, inoltre, importanti informazioni circa i vissuti degli educatori. In riferimento alle categorie e alle relative percentuali sia della variabi­le n0 2 "Relazione educatore-bambino autistico e sue caratteristiche nel presente" sia della variabile n0 3 "Relazione educatore-bambino autistico e sue caratteristi­che nel futuro" si è tentato di estrapolare, tramite raggruppamento categoriale, i seguenti indicatori:

 

  1. Frustrazione: "scoraggiamento perché il bambino non parla, non comunica, impotenza e delusione"
  2. Disagio: "difficoltà di contatto, noia per le stereotipie, difficoltà ad agire, esclu­sione e indifferenza da parte del bambino"
  3. Provocazione: "competizione, sfida, posizioni simmetriche"
  4. Rabbia: "Opposizione, collera, difficoltà a causa dell'imprevedibilità del comportamento del bambino".
  5. Reciprocità: "benessere, scambio di emozioni, rapporto tenero e affettuoso, posizioni complementari up e down"
  6. Speranza: "attesa e previsione di un cambiamento, di un miglioramento del bambino".

 

 

indietro Grafico 4: rappresentanze della relazione (p. 114)

grafico 4: rappresentanze della relazione

 

 

discussione dei risultati
[sommario]

L'obiettivo che ci siamo proposti con questa ricerca è stato quello di esplorare le rappresentazioni che un gruppo di educatori ha di quattro bambini autistici, attra­verso l'utilizzazione di interviste semistrutturate e di sculture. Possiamo ora proporre alcune riflessioni sui dati ottenuti.

 

  • Per ciò che concerne la rappresentazione del bambino e le sue caratteristiche sottolineiamo la frequenza (19%) con cui si era utilizzato dagli educatori l'aggetti­vo "affettuoso". Contrariamente ai rapporti clinici che descrivono un bambino "nella luna", "dagli occhi di ghiaccio" o "che viene dal freddo" e alle ricerche che ipotizzano nei bambini autistici solo un affievolimento dei gesti e delle mimiche che esprimono stati affettivi e che denunciano la presenza di un difetto nella comprensione delle manifestazioni emotive altrui, ossia, un'indifferenza emotiva, nei dati raccolti viene evidenziata l'affettività di questi bambini. Un'affettività che ha mezzi e modalità di espressione molto particolari. Questi risultati sembrano confermare i dati raccolti in uno studio sulle rappresentazioni dei genitori di bambini autistici (Donnadieu, 1994), ritrovando ampie convergenze.
  • Nelle rappresentazioni della relazione col bambino, oltre a ritrovare i classici stili relazionali (fusione, evitamento), gli educatori hanno rappresentato delle relazioni di tipo complementare, basate sullo scambio, sul fare insieme, sulla reciprocità (metafore: 25%, sculture 25%) sfatando l'immagine di un bambino autistico come una costellazione di tante anormalità associate a difficoltà e vulnerabilità relaziona­li. I dati raccolti ci spingono, quindi a considerarlo sotto una nuova luce; non solo come un bambino monotono che non comunica, ma anche come un bambino che utilizza delle strategie di comunicazione verbale e non verbale particolari.
  • L'utilizzazione delle sculture, a nostro avviso, è stata "terapeutica" perché ha permesso agli educatori di esprimere le proprie emozioni, di "vedere" le proprie relazioni col bambino e di discuterle. Gli educatori che lavorano con bambini autistici e psicotici hanno molto bisogno di esprimere le proprie emozioni, il fatto stesso di parlarne ha permesso loro di esprimere conflitti e di poter prende­re una distanza dai problemi e dalle difficoltà vissute. Essere vittima "ignara" di rappresentazioni involutive del bambino può inficiare il lavoro dell'educatore; essere consapevoli, invece, implica rimettersi in discussione e modificare atteggiamenti, ossia, assumere una posizione meno rigida verso il bambino e il suo disturbo.

 

 

indietro Grafico 5: predizione di evoluzione o di non-cambiamento (p. 115)

grafico 5 :   predizione di non evoluzione  o di non-cambiamento

 

 

Le sculture del futuro che hanno rappresentato una buona evoluzione del bambino e della relazione terapeutica sono state dieci su sedici, ovvero, il 65%; mentre quelle che non hanno rappresentato alcun cambiamento sono state sei su sedici, cioè, il 35 %. Ci chiediamo se la predizione di cambiamento espressa nelle sculture del futuro produrrà, concretamente, un'evoluzione nella relazione terapeutica; e, ugualmente, se la predizione di non cambiamento non porterà ad alcuna evoluzione nella relazione. A tal fine, sarebbe interessante svolgere un follow up, per osservare se dopo un arco di un anno, le predizioni di cambia­mento e/o di non cambiamento si sono realizzate. Se così fosse, potremmo vali dare l'ipotesi che la scultura del futuro è predittiva degli sviluppi della relazione educatore-bambino e degli esiti della situazione.

 

  • Non vi è quasi mai una piena concordanza tra le rappresentazioni degli educa tori per ognuno dei quattro bambini. Nella maggior parte dei casi vi è o una concordanza parziale (3 versus 1), oppure una divisione tra due coppie di rappresentazioni discordanti (1, 2 versus 3, 4). Nel gruppo di educatori osservati vi è quindi un'eterogeneità rappresentativa che rivela atteggiamenti contrastanti rispetto al bambino e alla relazione terapeutica e ciò potrebbe comportare un:t compromissione dell'intervento terapeutico.
  • Esiste, inoltre, un'adesione incompleta delle rappresentazioni al progetto educativo del bambino, ovvero vi è un contrasto tra il progetto istituzionale che gli educatori stilano per ogni bambino e le rappresentazioni che hanno dello stesso. L'evidenza clinica (Elkaim, 1989) indica che, spesso, nelle coppie, nelle famiglie e nelle istituzioni vi è uno scarto tra due livelli: quello della "mappa dei mondo" e quello del "programma ufficiale", ossia, tra rappresentazioni credenze, miti e atteggiamenti. Sulla base di questa teoria potremmo, dunque, sostenere che gli educatori aventi rappresentazioni antitetiche col progetto educativo, probabilmente, incontrano difficoltà a realizzare gli obiettivi terapeutici espressi nel progetto educativo ufficiale. Si potrebbero verificare situazioni di stallo, in quanto l'educatore assumerebbe una posizione pregiudiziale, rigida, nei confronti del bambino che non sarà stimolato alla crescita.
  • Infine, per ciò che riguarda i vissuti degli educatori espressi sia nelle metafore sia nelle sculture, possiamo evidenziare la coesistenza di stati d'animo contrastanti e divergenti che oscillano tra attuali frustrazioni, disagi relazionali, difficoltà ad agire e la speranza che il bambino possa diventare autonomo socievole e costruttore di relazioni solide. Ciò conferma come sia difficile per gli educatori mantenere un'armonia emotiva e relazionale con il bambino autistico e come inevitabilmente si possano verificare delle perturbazioni nell'equilibrio relazionale del gruppo degli operatori.

 

 

indietro Grafico 6: concordanza e/o discordanza tra le rappresentazioni dei vari operatori (p. 116)

grafico 6: concordanza e/o doscordanza tra le rappresentazioni  dei vari operatori

 

 

conclusioni
[sommario]

Pur nella consapevolezza che i dati della nostra ricerca sono orientativi e richiederebbero approfondimenti e verifiche a distanza di tempo (specialmente per quel che riguarda il valore predittivo e prognostico della relazione terapeutica nel futuro), ci pare, però, che essi sottolineino l'importanza che, specialmente nel campo della psicoterapia, ma non solo in questa, deve essere attribuita alla soggettività dell'operatore.

Un sempre più chiaro riconoscimento di quanto gli schemi mentali degli operatori e i loro vissuti emotivi influenzino la definizione, gli sviluppi e gli esiti delle situazioni di sofferenza sulle quali intervengono, avrebbe utili ripercussioni non solo sulla conferma concettuale della caduta dei "miti di neutralità" (Onnis, 1993) ma soprattutto su una maggiore consapevolezza delle valenze soggettive, personali, singolari, con cui si affrontano le difficoltà dell'operare.

Il modello delle rappresentazioni, che ha guidato la nostra ricerca, può essere uno strumento utile per l'acquisizione di questa consapevolezza: esso può trovare applicazioni non solo nel terreno della ricerca, ma anche nei percorsi formativi degli operatori e nelle esperienze di supervisione a cui, per tutti i motivi indicati, sarebbe opportuno far periodicamente ricorso.

Nel momento in cui l'operatore scopre l'importanza della sua soggettività, e l'influenza che essa esercita, diventa, infatti, essenziale che essa si traduca in una risorsa per la trasformazione evolutiva delle situazioni di disagio umano con cui si confronta.

 

indietro Grafico 7: concordanza e/o discordanza dello rappresentazioni con il progetto educativo (p. 117)

grafico 7: concordanza e/o discordanza delle rappresentazioni con il progetto educativo

 

 

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note
[sommario]

indietro 1- Le rappresentazioni sono dinamiche: vengono continuamente ri-create, ri-pensate, modellate e trasformate nel corso della trasmissione sociale e fanno corrispondere ogni immagine ad un'idea e ogni idea ad un'immagine.

indietro 2- Inoltre il passaggio da un modello sincronico "del qui ed ora" ad un modello diacronico sottolinea l'importanza del reinserimento del sistema in una storia, recuperando così il valore del passato, nel senso che il passato è ritrovabile nel presente e vi continua a vivere attraverso i miti, le credenze, le rappresentazioni che il sistema ha di se stesso e che di conseguenza può conoscere e ricercare. 

 

 

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